Quella della dieta mediterranea non è stata soltanto una grande scoperta scientifica ma anche una grande storia, una grande narrazione. Keys definì la dieta mediterranea «il sistema alimentare dei popoli del Mediterraneo». Nella definizione si dava conto di una storia lunga millenni, quella del Mediterraneo, fatta di civilizzazioni, scoperte, scambi, viaggi, passaggi di lingue e culture. La definizione di Keys trova radici tematiche sistematizzate nella grande narrazione di Fernand Braudel, lo studioso francese che al Mediterraneo ha dedicato alcuni libri – soprattutto Il Mediterraneo all’epoca di Filippo II – che sono diventati pietre miliari di metodologia e ricerca non solo storica, come, più recentemente, nel lavoro di Pedrag Matvejević, scrittore e accademico bosniaco, il cui Breviario Mediterraneo, tradotto ormai in tutto il mondo, ricostruisce in modo narrativo la storia “geopoetica” del Mediterraneo.
Un «sistema» è – secondo i dizionari – «un complesso di elementi uniti tra loro o interdipendenti». Quel sistema alimentare è il frutto di secoli di osservazioni, sperimentazioni, combinazioni che i pastori, i contadini, i guerrieri, i pellegrini, i conquistatori, i coloni, gli artisti, gli schiavi, i navigatori, gli atleti, i pescatori, i mercanti, i religiosi portavano con sé da un punto all’altro del Mediterraneo come propria tradizione del cibo e intrecciavano con quella di questo o quel posto, creando un nuovo sapere. Così, fuor di leggenda, è nata la dieta mediterranea. Essa è il riflesso di una cultura millenaria, di un sapere che si è accumulato nel tempo. Dietro i piccoli gesti di preparazione di una minestra c’è il prodigio di questa lunga storia.
Non può stupire, quindi, che la recente decisione dell’Unesco di inserire la dieta mediterranea tra i patrimoni immateriali dell’umanità sia sortita da una proposta di paesi, l’Italia, con la Spagna, la Grecia e il Marocco, le cui storie sono interdipendenti, come interdipendente è la storia di ogni Paese che si affaccia sul Mediterraneo, e dove in ognuno può trovarsi traccia dell’altro.
La dieta mediterranea sarà patrimonio immateriale dell’umanità. Come lo è lo spazio culturale della piazza Jemaa el-Fna a Marrakesh, in Marocco, simbolo di questa città fin dalla sua nascita nell’XI secolo: uno spazio per diversi gruppi di artisti quali musicisti, ballerini, fachiri, incantatori di serpenti, cantastorie, tatuatori, medici tradizionali, predicatori. E, in Italia, come l’Opera dei pupi siciliani, una forma di teatro con marionette che fece la sua comparsa al principio del XIX secolo in Sicilia e nelle cui rappresentazioni, saghe cavalleresche, poemi siciliani e storie della vita di santi e di briganti sono raccontate e parzialmente improvvisate dai pupari. E, in Spagna, la rappresentazione teatrale interamente cantata dei Misteri di Elche, che mette in scena la Dormizione, l’Assunzione in cielo e l’Incoronazione della Vergine Maria, rappresentata senza interruzioni fin dalla metà del XV secolo.
I capolavori immateriali si affiancano ai siti patrimonio dell’umanità: mentre questi ultimi rappresentano cose tangibili (come una foresta, una montagna, un lago, un deserto, una città, un edificio o un complesso archeologico), i primi rappresentano antiche tradizioni che spesso non hanno una codificazione “scritta” ma sono tramandate oralmente nel corso delle generazioni.
Non è più così – una tradizione tramandata oralmente senza codificazione scritta – per la dieta mediterranea, e non lo è più grazie al lavoro di Ancel Keys e della sua équipe di ricercatori. Ma fino a quel momento, fino al Seven Countries Study, la dieta mediterranea era un sapere che passava di madre in figlia per voce e per gesti.
Quest’anno è ricorso il cinquantenario del Seven Countries Study, e l’Amministrazione comunale da me guidata ha compiuto uno sforzo supplementare nell’organizzare il Convegno internazionale i cui Atti sono qui collazionati. Il Convegno è stato il culmine di una serie di iniziative, a partire dalle scuole con gli allievi più piccoli, che hanno coinvolto operatori economici, ristoratori, esercenti turistici, la popolazione nicoterese. Nell’ambito di queste iniziative è stato per me un onore poter conferire la cittadinanza onoraria di Nicotera al prof. Flaminio Fidanza. Fin dal primo momento dell’insediamento dell’Amministrazione abbiamo avuto cura nel riprendere la storia della dieta mediterranea, nel rilanciarla, nel farne – con l’aiuto dell’Amministrazione provinciale – elemento qualificante e di attrazione del nostro territorio.
Ma questa, appunto, è anzitutto una battaglia di cultura. Che cosa vuol dire «sistema alimentare», se non modo di utilizzare il cibo, se non abitudini e stili di vita? E che cosa sono le abitudini e gli stili di vita se non cultura?
Le ricerche di Ancel Keys premiavano i comportamenti consolidati di generazioni e generazioni di nicoteresi «d’una volta». Le ricette, i modi, le abitudini di trattare il cibo, di sceglierlo, curarlo, cucinarlo, sono anzitutto storie di persone. È a loro, anonimi costruttori e custodi della dieta mediterranea. che noi vorremmo rendere omaggio, alle migliaia di commare Pina, zi’ Teresa, nonna Francesca, che cucinavano semplicemente e straordinariamente broccoli, fagioli, segale, sarde, che noi siamo debitori. Ai pastori del Poro, ai contadini dei dintorni, a chi faceva il vino a Comerconi o l’olio a Preitoni o il pane a Badia, ai pescatori della Marina. Noi dobbiamo recuperare quei loro comportamenti virtuosi, quella loro semplicità culturale.
È straordinario pensare che il sapere delle mille e mille anonime commare Pina, zi’ Teresa, nonna Francesca, dei contadini e dei pescatori che ci hanno preceduto sono ora «patrimonio immateriale dell’umanità».
Come raccomanda l’Unesco è ora tempo di preservare quel sapere, perché appartiene al mondo intero.
Noi saremo in prima fila in questo impegno.
Salvatore Reggio
Unesco – Decision 5.COM 6.41
The Committee (…) decides that [this element] satisfies the criteria for inscription on the Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity, as follows:
- R1: The Mediterranean diet is a set of traditional practices, knowledge and skills passed on from generation to generation and providing a sense of belonging and continuity to the concerned communities;
- R2: Its inscription on the Representative List could give broader visibility to the diversity of intangible cultural heritage and foster intercultural dialogue at regional and international levels;
- R3: The nomination describes a series of safeguarding efforts undertaken in each country, together with a plan for transnational measures aimed at ensuring transmission to younger generations and promoting awareness of the Mediterranean diet;
- R4: The nomination is the result of close cooperation of official entities in the four States, supported by the active participation of communities, and it includes evidence of the latters’ free, prior and informed consent;
- R5: The Mediterranean diet has been included in inventories of intangible cultural heritage in the four States concerned and will be included in a transnational inventory of the Mediterranean that is underway.